Gli impatti della quarantena sulla cultura digitale
Il Coronavirus, formalmente noto come COVID-19, si è diffuso rapidamente in tutto il mondo ed è riuscito in pochissimo tempo a cambiare la nostra quotidianità e il modo in cui interagiamo. Mentre intere città si sono chiuse, noi ci siamo aperti e affidati alla tecnologia, diventata essenziale per connettersi con gli altri in questo difficile momento di isolamento.
Il virus ha avuto conseguenze devastanti per le persone in tutto il mondo e potremmo doverle anche vedere peggiorare nei prossimi mesi. Vite perse, imprese chiuse e comunità gettate in difficoltà finanziarie. Questa crisi per molti versi richiama episodi passati, ormai facenti parte della storia dell’uomo e della sua evoluzione, che hanno rimodellato la società in modo permanente, dal modo in cui le persone comunicano, viaggiano e acquistano, fino al livello di sicurezza e sorveglianza percepito.
Ci troviamo a riflettere allo stesso modo anche oggi e sotto diversi punti di vista: la pandemia ha di fatto trasformato il nostro vivere e sta contribuendo a definire la nostra cultura digitale. Il dover rimanere chiusi nelle nostre case per evitare la diffusione del virus sta infatti cambiando la nostra percezione e relazione con il mondo esterno, e persino quella con gli altri: da un lato abbiamo l’utilizzo più flessibile della tecnologia e dall’altro un rinnovato desiderio di passare il tempo all’aria aperta e di goderci altri semplici piaceri della vita.
Le tecnologie come smartphone e pc sono diventate così onnipresenti, e il loro utilizzo così diffuso in tutto il mondo, che la cultura digitale non si limita più a ciò che si manifesta online attraverso le moderne tecnologie di comunicazione: finisce per comprendere potenzialmente tutti gli aspetti della vita quotidiana offline, perché vi si riversano. Internet, inoltre, è diventato uno strumento di comunicazione di massa dall’influenza talmente pervasiva e interattiva, che i contenuti generati dagli utenti confondono addirittura i confini tra mittenti e destinatari: il materiale digitale può essere facilmente copiato, diffuso e modificato, perciò i prodotti culturali digitali sono in costante stato di trasformazione e riadattamento.
In questo difficile momento, abbiamo quindi ripensato ai tipi di comunità e alla tipologia di comunicazione che possiamo instaurare attraverso i nostri dispositivi, che si sono trasformati in erogatori di generosità, empatia e sostegno umano. In isolamento ci siamo sentiti connessi più che mai: ognuno di noi si è tenuto aggiornato su quello che stavano facendo i propri amici su Facebook, ha scambiato ricette di cucina su Instagram e su WhatsApp è stato aggiunto a diversi gruppi di supporto. Le persone in chat sono diventate iperattive, inviando e ricevendo centinaia di messaggi al giorno, riguardanti le ultime notizie sul Coronavirus. Poi si sono aggiunte anche le videochiamate da amici e parenti, anche essi bloccati in casa e in cerca di qualche diversivo per non sentire la solitudine, e infine le e-mail con inviti a eventi digitali, come conferenze, varie lezioni gratuite, incontri con esperti e persone dello spettacolo per sfruttare il tempo in modo produttivo.
Tutte queste nuove abitudini fondate a mezzo tecnologico sono molto efficaci nell’aiutarci a trovare nuove forme per lavorare, prenderci cura delle nostre famiglie e perseguire i nostri obiettivi. Cambiare le routine quotidiane e il ritmo della vita spesso non richiede molto tempo, come in questo caso potrebbe essere una questione di poche settimane o un mese.
Ma ciò che fa riflettere davvero è come il cambiamento di queste abitudini e del sistema possano provocare effetti duraturi sui valori delle persone. Sappiamo molto bene che le società che attraversano la guerra generano legami sociali più forti: questa pandemia è ben lungi dall’essere una guerra, ma richiede la stessa tipologia di unione. E quando le persone si rendono davvero conto di ciò che l’azione collettiva può realizzare, cambiano il modo in cui si relazionano con gli altri, dando luogo a un maggiore senso di comunità.