Mettiamo un filtro alla perfezione!
Lo specchio ha una grande funzione quando gli permettiamo di essere onesto: restituisce infatti immagini fedeli di noi e della nostra vita. Questa consapevolezza spinge ad una analisi critica, che stimola le persone ad accettarsi e prendere coscienza di sé. Non a caso è durante la pubertà, quando iniziamo davvero a caratterizzare i nostri tratti, che passiamo molto più tempo davanti allo specchio. Una vanità naturale che si traduce in voglia di conoscersi e riconoscersi davvero, in un momento in cui gli adolescenti diventano estremamente vulnerabili a causa dei cambiamenti fisiologici e delle modifiche ai loro corpi.
Specchiarsi significa per tutti vedere in maniera oggettiva una parte consistente di noi stessi.
Ma cosa succede ora che il posto dello specchio è stato preso dallo smartphone?
I selfie stanno cambiando la nostra definizione di bellezza, anche a causa dell’ausilio del fotoritocco, diventato un filtro reso ormai disponibile a chiunque grazie alle moderne e intuitive applicazioni. Esistono diverse tipologie di “filtro” che gli utenti possono applicare sulla propria immagine: alcuni si limitano alla modifica della saturazione, della luminosità e del colore della foto, mentre altri vengono utilizzati per migliorare la struttura del viso come gli occhi, naso, guance e labbra. Gli stessi social network hanno voluto implementare queste funzionalità, introducendo filtri che imitano gli interventi di chirurgia plastica, come lifting e iniezioni di Botox. Questi vengono applicati facilmente come una maschera sul viso.
Queste applicazioni consentono ormai di modificare il proprio aspetto in un istante e di conformarsi ad uno standard di bellezza irrealistico e spesso irraggiungibile. L’ideale a cui si sta sempre più aspirando è un viso che non appartiene a nessuno, ma che assomiglia a tutti sui social media.
Si sta consolidando una nuova realtà di bellezza per la società di oggi, che sta spingendo le persone a ridisegnarsi digitalmente. Questo crea inevitabilmente un divario di percezione tra realtà e digitale, che possono sfociare in gravi problemi di salute fisica e mentale, chiamati “dismorfismo da selfie“. Il fenomeno è stato coniato da un chirurgo estetico del Regno Unito che ha registrato un aumento dei pazienti alla ricerca di trattamenti in grado di distorcere le loro caratteristiche naturali per riflettere l’aspetto che ottengono grazie ai filtri dei social network.
Vogliono dare vita a quella versione di sé stessi e dimenticarsi della propria unicità e del proprio io. Ma perché siamo arrivati a tanto?
L’immagine di sé è sempre stata dipendente in una certa misura dall’approvazione dei pari, l’odierna dimostrazione pubblica di sé ha reso quell’approvazione fondamentale per l’autostima e, purtroppo, salute emotiva. In particolare gli adolescenti di oggi, stanno formando identità sulla base di “mi piace” e commenti, non sull’autovalutazione o sulle interazioni “di persona” con coetanei e familiari.
Siamo tutti portati sempre più a costruire le nostre vite attorno questa idea di perfezione percepita, perché veniamo ricompensati da questi segnali a breve termine, “cuore” “like” “pollice in su “, fino a confonderli con il valore e la verità.
Questo mondo virtuale della perfezione sta manipolando non solo il nostro aspetto ma anche la percezione di noi stessi, spingendoci verso una bellezza in serie. Ma come facciamo a riconoscerci se ci assomigliamo tutti?